Il modo in cui accediamo alle informazioni e apprendiamo attraverso mobile app e lo smartphone in generale, ridefinisce le priorità anche nel contesto dell’e-learning.
Adottare un approccio mobile-first per la formazione aziendale, infatti, non significa semplicemente rendere accessibili i contenuti su schermi più piccoli, ma progettare l'esperienza di apprendimento partendo proprio dai vincoli e dalle opportunità dello smartphone.
Usare un approccio mobile-first significa includere sin dall’inizio una serie di elementi:
La differenza tra un corso responsive e uno mobile-first, quindi, è sostanziale: mentre il primo si limita a ridimensionare elementi esistenti, il secondo ripensa completamente l'architettura informativa, privilegiando il microlearning, l'interattività touch-based (modalità di interazione progettate specificamente per i gesti tattili sugli schermi touch di smartphone e tablet) e la progressione modulare. Ma come si progetta concretamente per uno “schermo piccolo”?
1. Microlearning
Un potente alleato del mobile first learning è il microlearning. Se, infatti, il mobile first learning nasce dall'esigenza di progettare percorsi formativi ottimizzati per gli smartphone, il microlearning si concentra sulla struttura dei contenuti, organizzandoli in pillole brevi, mirate e autonome, pensate per essere fruite velocemente e senza dispersioni.
Il mobile first offre l'ambiente ideale nel quale il microlearning può esprimersi al meglio con contenuti perfetti per i ritmi di fruizione rapidi e intermittenti tipici dei dispositivi mobili.
Le evidenze sull'efficacia di questa combinazione sono diverse. Alcuni studi evidenziano come il microlearning possa migliorare la retention dal 25% al 60% rispetto ad altri metodi di apprendimento, con tassi di completamento del corso intorno all'80%, una performance che si traduce in ROI tangibile per le organizzazioni. Un dato che diventa ancora più rilevante se consideriamo che il 70% dei dipendenti preferisce apprendere nel proprio tempo libero.
Il vantaggio principale, però, va oltre la flessibilità temporale: è la possibilità di apprendere nel momento in cui si presenta la necessità, ovvero nel contesto lavorativo reale. Questo learning in the flow of work richiede contenuti modulari e ricercabili, facilmente richiamabili quando serve. Non a caso, sempre gli stessi studi, mostrano che il microlearning può aumentare il coinvolgimento dei dipendenti del 50%, proprio perché si integra naturalmente nel flusso lavorativo quotidiano.
2. Chunking dei contenuti
Il chunking dei contenuti, cioè la segmentazione dei contenuti in unità ultra-compatte, è diventato un altro componente essenziale nella progettazione, soprattutto da quando la nostra capacità di attenzione è passata da 12 secondi a 8,5 seconi (anche qui citiamo “Microlearning Statistics, Facts and Trends for 2025” su elearningindustry.com).
Questo significa dover strutturare i contenuti in maniera ancora più granulare, collegando le unità attraverso percorsi di apprendimento chiari e progressivi. Su mobile, ogni schermata dovrebbe veicolare un singolo concetto chiave, seguendo il principio "one screen, one idea" e la maggior parte dei moduli di microlearning dovrebbe quindi rispettare una durata minore di 10 minuti, ottimale per persone con disponibilità di tempo limitata.
Esempio di chunking dei contenuti
3. Verticalità e touch-first interaction
Su mobile, lo scroll verticale è la modalità di interazione più naturale, perciò, a differenza del desktop, su smartphone è preferibile organizzare i contenuti in flussi verticali continui evitando slideshow orizzontali o menu hamburger complessi che rischiano di aumentare il carico cognitivo estraneo. Gli elementi interattivi devono rispettare le dimensioni minime per il tocco e la spaziatura tra gli elementi cliccabili deve essere adeguata per prevenire clic accidentali.
Tra i formati didattici, il video rimane uno dei più efficaci per il mobile learning, ma richiede anch’esso accorgimenti specifici:
Altri formati per i quali cui è importante pensare a una progettazione mobile fin dall’inizio sono:
Su mobile, la velocità di caricamento è cruciale per ridurre l’abbandono da parte degli utenti. È necessario quindi ottimizzare le immagini, riducendone il peso, limitare l'uso di framework e plugin non essenziali che rallentano il caricamento, e memorizzare sul dispositivo gli elementi già scaricati per velocizzare gli accessi successivi (caching) così da garantire performance ottimali anche su connessioni mobili instabili o lente.
Anche l'accessibilità presenta sfide specifiche su mobile: la navigazione deve funzionare perfettamente con gli screen reader (software che leggono i contenuti ad alta voce per utenti con disabilità visive), i contenuti devono rimanere funzionali anche quando l'utente ingrandisce testo e interfaccia, e i contrasti tra testo e sfondo devono essere sufficientemente marcati per garantire la leggibilità in qualsiasi condizione di luce.
Il mobile-first learning, e in generale ripensare i contenuti per lo schermo piccolo, implica abbracciare una serie di vincoli che possono però migliorare la qualità complessiva della formazione: contenuti più focalizzati, interazioni più intuitive, apprendimento più integrato nel flusso lavorativo quotidiano.
Un investimento niente affatto secondario riguarda anche la rielaborazione dei contenuti legacy (ovvero del materiale formativo esistente magari progettato per desktop) che devono essere ripensati completamente, non semplicemente adattati.
La formazione poi riguarda anche gli addetti ai lavori: i team di instructional design necessitano di formazione specifica su metodologie mobile-first, che ribaltano il paradigma tradizionale: si progetta prima per lo schermo piccolo, poi si espande per desktop. Il successo di questo approccio richiede un’integrazione tra instructional design, user experience, tecnologia e analisi dei dati, non per miniaturizzare, ma per reinventare l'e-learning tradizionale in un’ottica mobile-first.
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